lunedì 17 settembre 2007

Orizzonte

Mi guardo intorno sbigottita; come se lo facessi per la prima volta nella mia vita, come se quelle che vedo fossero le prime immagini che i miei occhi abbiano mai percepito, e fisso l’orizzonte socchiudendo le palpebre per tentare di mettere a fuoco qualcosa troppo lontano da me: è decisamente fuori dalla mia portata. In un solo istante, breve come un lampo e con la stessa intensità, i miei occhi si spalancano: ad un tratto è tutto chiaro e nitido, lo vedo benissimo, come fosse ad un solo passo da me. Un fremito muove repentino il mio fedele stomaco: non dimentica mai di ricordarmi quanto tutto ciò sia inusuale. Cos’è successo? Non sono io ad avere il potere di vedere oltre; ma è l’infinito stesso che gradualmente si dischiude ai miei occhi…

domenica 16 settembre 2007

Tu?

"Con la pancia vuota e stanco morto, Shasta si fece così triste che le lacrime cominciarono a scorrergli sulle guance, ma uno spavento improvviso lo riportò in sé. Qualcuno o qualcosa camminava al suo fianco: era buio pesto e la cosa (o persona) camminava tanto silenziosa che non si distinguevano i passi. […]
-Chi sei?- chiese Shasta in un sussurro.
- Uno che ha aspettato a lungo che tu parlassi!- rispose la Cosa. La voce non era acuta e sonora, ma vasta e profonda […]
- Non riesco a vederti – Disse Shasta dopo aver fissato a lungo il vuoto. Poi quasi gridando: - Non sei una cosa morta vero? Ti prego, ti prego, vattene via! Che male ti ho fatto? Sono la persona più sfortunata del mondo…
Ancora una volta sentì l’alito tiepido della Cosa sul viso e sulle mani. – Senti? Non è l’alito glaciale di un fantasma. Raccontami le tue pene. Shasta si rassicurò un poco a sentirne il tepore e raccontò che non aveva mai conosciuto i genitori ed era stato allevato duramente da un pescatore. Raccontò la storia della sua fuga e di come fossero stati inseguiti dai leoni e costretti a buttarsi in mare per salvarsi la vita. Narrò dei pericoli passati a Tashbaan e della notte fra le tombe con le bestie che ululavano nel deserto. Raccontò del caldo e della sete sofferti nel viaggio attraverso il deserto e di come, quasi arrivati a destinazione, un altro leone li avesse inseguiti…
- Non mi sembri poi tanto sfortunato- disse la voce profonda.
- Non credi che sia stata una sfortuna incontrare tutti quei leoni?
- Era uno solo- Rispose la voce.
- Ma cosa dici? Ti ho appena raccontato che la prima notte ce n’erano due, e poi…
- Ce n’era solo uno, però velocissimo.
- Come fai a saperlo?
- Quel leone ero io- Shasta rimase a bocca aperta, senza dire niente, ma la voce continuò: - Sono il leone che ha fatto in modo che tu incontrassi Aravis. Sono il gatto che ti ha fatto compagnia tra le case dei morti e quello che mentre dormivi ha scacciato gli sciacalli. Sono il leone che ha terrorizzato i cavalli, dando loro la forza di compiere l’ultimo tratto di strada. Anche se questo non puoi ricordarlo, sono io che ho spinto la barca con te bambino, allo stremo delle forze, verso la spiaggia dove si trovava un uomo che quella notte non riusciva a dormire e che fu pronto ad accoglierti.
- Chi sei?- domandò Shasta.
- Me stesso - Rispose la voce, in un tono così basso e profondo che la terra tremò; e ancora – Me stesso - con voce chiara e squillante; e una terza volta: - Me stesso - sussurrato appena. Ora non sentiva più nulla ma le parole echeggiavano da ogni dove, lievi come il tremito delle foglie.
Shasta non temeva più che la voce appartenesse a una Cosa che volesse mangiarlo o a un fantasma, e anche se assalito da un nuovo genere di timore, si sentì finalmente più tranquillo. […]
Una luce dorata proveniente da sinistra lo inondò all’improvviso: pensò che fosse il sole. Si girò di scatto e vide un leone più alto del cavallo che gli camminava a fianco. Era il leone a emanare tanta luce: mai si era vista una cosa più bella e imponente. […]
Gli bastò guardarlo in faccia un attimo per scendere di sella e gettarsi ai suoi piedi. Non riuscì a dire niente, ma non voleva e in fondo non ce n’era alcun bisogno.
Il Re al di sopra di tutti i re si chinò su di lui. Shasta fu coperto dalla grandissima criniera e inondato da un profumo strano e solenne. Il leone gli toccò la fronte con la lingua, Shasta alzò lo sguardo e i loro occhi si incontrarono.
In un attimo la pallida lucentezza della foschia e il fiammeggiante splendore del leone si intrecciarono in un turbinio di luce e scomparvero.
Adesso il ragazzo era solo col suo cavallo. Si trovava al fianco erboso di un colle, sotto un gran cielo blu dove gli uccelli cantavano."


(La cronache di Narnia - il cavallo e il ragazzo)

lunedì 3 settembre 2007

Stelle

Pumba:Timon?
Timon:Si?
Pumba:Ti sei mai domandato cosa siano quei lumicini lassù?
Timon:Pumba!Io non mi faccio domande!Io le cose le so!
Pumba:Oh!E cosa sono?
Timon:Sono delle lucciole,lucciole che sono rimaste attaccate a quell'enorme cosa nero-bluastra...
Pumba:Oh si!Io pensavo che fossero masse gassose che bruciavano a miliardi di chilometri di distanza!
[…]
Simba:
Una volta qualcuno mi disse che i grandi re del passato ci guardano e ci proteggono da quelle stelle…

Quante volte ci siamo trovati a guardare le stelle e a chiederci cosa sono, perché sono lì… Oggi sappiamo che aveva ragione il povero Pumba deriso da Timon: sono davvero masse gassose che bruciano a miliardi di chilometri di distanza, ma questo non ci basta! È impossibile rimanere indifferenti davanti all’immensità di un cielo stellato! Prima si notano le costellazioni più grandi e più conosciute, poi ci si “addentra” in quella enormità e si incomincia a vedere di più: un’infinità di stelle, innumerabili, brillanti; poi la via lattea, come una scia luminosa, chiara, indefinita, sai che è causata dalla presenza di miliardi di miliardi di stelle ma non riesci a capacitartene. Tutto questo è lì per te adesso, perché tu rimanga a bocca aperta perso nell’universo infinito: ora sei un essere microscopico su un puntino che ruota attorno ad uno di quei lumicini che viaggia su un braccio di una piccola galassia nello spazio. Ecco a cosa servono le stelle: adesso sei faccia a faccia con l’infinito, e il salto è breve: che tu sia presuntuoso e saccente come Timon, o ingenuo ma in fondo saggio come Pumba, o romantico e sognatore come Simba… vieni proiettato in un attimo di fronte all’universo… e da lì all’incommensurabile; dal cielo al Cielo… dall’infinito all’Eterno…